Cesario Picca è un uomo schietto e veloce nel ragionamento. Lunga carriera da cronista alle spalle, oggi vive una nuova vita. Saru Santacroce è il personaggio dei suoi romanzi nonché il suo alter ego. Oggi abbiamo avuto il piacere di intervistare entrambi.
Buongiorno Cesario, grazie per aver accettato questa intervista. Domanda bruciapelo: che cosa invidi al tuo alter ego Saru Santacroce?
Prima di cominciare ringrazio voi per l’ospitalità e saluto i lettori. Il sentimento dell’invidia è una pratica che, per fortuna, ho archiviato da tempo. E poi a Saru Santacroce voglio molto bene e non potrei mai provare sentimenti negativi verso di lui. Se proprio dovessi trovare un neo in questo nostro rapporto d’amorosi sensi, direi che è la sua capacità di trovarsi sempre al posto giusto nel momento giusto. E questo gli permette davvero di avere parecchie soddisfazioni sia dal punto di vista personale che professionale. Ma lui, seppur molto reale, rispetto a me, non deve fare i conti con la vita e con la realtà che hanno la capacità di sparigliare le carte in tavola come neppure il più temibile dei bari.
In "Vite Spezzate" affronti il dolorosissimo tema dell'abuso di minori. Quanto sei stato ispirato dalla tua passata esperienza da cronista? Hai sviluppato questa storia partendo da uno spunto reale oppure è frutto della tua fantasia?
Vite spezzate, come tutti i miei gialli, è ispirato dalla vita reale e dal mio lavoro di cronista. In fondo la realtà, come ho avuto modo di sperimentare in tanti anni sul campo, sa essere più prolifica della fantasia. Direi che la realtà mi ha ispirato e la fantasia mi ha aiutato a mettere insieme pensieri, emozioni e storie. Inoltre, mi ha dato una mano la nota serie tv Criminal Minds di cui sono un appassionato. Per scrivere questo thriller psicologico, però, ho avuto bisogno di documentarmi parecchio e mi è stato di molto aiuto il dottor Marco Lodi che di mestiere fa lo psicologo. Leggere questi veri e propri libri horror non è stato semplice nonostante il mio lavoro mi abbia abituato a fare i conti con situazioni a dir poco difficili. Infatti, ogni testimonianza di vittime di abusi è stata una scarica di pugni allo stomaco. Ho spesso dovuto interrompere la lettura per svagare la mente troppo colpita dal dolore. Il mio thriller, ovviamente, non è un manuale di psicologia clinica e quindi tratta questo tema dolorosissimo attraverso un’avvincente storia poliziesca in cui gli elementi si amalgamano rendendo molto meno traumatico l’argomento di fondo.
Quali sono le maggiori differenze fra Saru Santacroce e Salvo Montalbano? Li vedi distanti fra loro o volendo riesci a trovare un'intersezione fra le due personalità?
Tra Saru Santacroce e Salvo Montalbano, a mio avviso, ci sono più punti di contatto che differenze. Anche se Saru è un cronista e Salvo un poliziotto, il campo d’azione è lo stesso. Gli oltre 25 anni di cronista da strada, fianco a fianco con gli investigatori, mi hanno lasciato qualcosa dello “sbirro”. E tale eredità è poi andata a Saru, ovviamente. Saru e Salvo sono entrambi meridionali, amano la loro terra, sono dei buongustai, usano spesso il dialetto, sono persone vere e sincere e amano l’altra metà del cielo. Proprio per questi punti in comune, qualcuno si è lanciato nell’accostare i miei gialli a quelli di Camilleri. A me fa piacere questo accostamento, ci mancherebbe. Ma, francamente, e qui sta la enorme differenza, Camilleri è un famoso top runner. Lui corre per vincere le maratone. Io, invece, sono un umile e sconosciuto finisher. Io corro le maratone per il gusto di giungere al traguardo e dire a me stesso che ce l’ho fatta. Detto ciò, non significa che io non abbia in animo la volontà di continuare ad impegnarmi per dare a Saru il successo che, secondo i lettori, merita. Ma non dipende tanto da me quanto proprio da chi legge. Perché, a prescindere da ciò che vendono i media e il mainstream o dicono i critici, la vera unità di misura del valore di uno scrittore sono solo i lettori. Per tornare al discorso dell’invidia di prima, io neppure mi sogno di sprecare energie per invidiare il papà di Salvo. Io, al contrario, impegno le mie risorse per tentare di avvicinare Saru al livello di Salvo.
Passiamo alla promozione delle tue opere: come si pubblicizza un libro senza disporre di somme faraoniche o case editrici rinomate?
In effetti non è facile. E, finora, non ho trovato alcun manuale, a dispetto delle tante promesse, capace di fornire un metodo infallibile e vincente. In questo mi aiuta molto la fantasia. Io adotto parecchio il guerrilla marketing realizzando video e foto accattivanti e usando frasi ad effetto. Poi una mano la danno molto i social e le nuove tecniche di produzione e pubblicazione offerte dalla rete. I miei gialli sono, ovviamente, su tutti i social. Ma il mio “social” più importante è il mio blog. Un lavoro certosino che porto avanti da anni e che ad oggi permette ai miei gialli e ai miei libri di essere ai primi posti nelle ricerche in rete.
Un classico, perdonaci: qual è il tuo libro preferito?
Il mio libro preferito in assoluto è la Bibbia che ha anche ispirato il romanzo Cento giorni e il prossimo giallo che uscirà l’anno prossimo. Per il resto mi piace leggere di tutto. In passato leggevo molti saggi, oggi mi abbandono di più al giallo. Anche se i classici restano la mia passione e tra questi I promessi sposi occupano un posto di rilievo.
Passiamo a temi extra letterari: che cosa ti diverte di più nella vita oltre alla scrittura?
Adoro correre ed è per questo che ho usato il paragone del maratoneta tra Salvo e Saru. Sono un runner e fino all’anno scorso sono riuscito a correre almeno dieci tra maratone e ultramaratone l’anno. Ora mi alleno regolarmente, ma manca l’adrenalina da gara per ovvie ragioni. Amo la natura e sono spesso in campagna a prendermi cura del mio grande orto che mi ricambia generosamente o dei miei alberi d’ulivo che non mi fanno mai mancare l’olio buono. E poi mi piace cucinare e stare in compagnia di amici e parenti.
Sono passati ormai 18 anni da quando hai vinto il premio "Cronista dell’anno-Piero Passetti 2002". Cosa ricordi di quel giorno e della stretta di mano con l'allora Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi?
A dire il vero l’emozione vera è stata la notizia della vittoria più che ricevere il premio. Come dice quel famoso spot, il piacere sta nell’attesa del piacere. La vera soddisfazione è stata quando mi ha telefonato il presidente dell’Unione nazionale cronisti italiani, che non conoscevo, per dirmi che la mia inchiesta giornalistica era molto piaciuta. Ricordo che ero in redazione alle prese con le mie notizie di cronaca nera e giudiziaria quando ho ricevuto la telefonata. Pensavo a uno scherzo. Poi, guardando le agenzie, ho capito che era tutto vero. In effetti, più di un mese di lavoro senza tregua, rapporti personali trascurati, minacce, muri di gomma e tanta fatica sono stati premiati.
Nella tua lunga carriera hai lavorato anche al magazine sportivo "Forza Bologna". Ci regali un aneddoto o un retroscena calcistico di quei tempi?
Ripensando a quel periodo direi che il ricordo più bello è senza dubbio la festa dei 90 anni del Bologna calcio. Un immenso lavoro che mi ha permesso di conoscere i campioni che hanno fatto la storia di quella società che mi ha sempre ispirato simpatia. Persone davvero perbene prima che grandissimi calciatori. E tra loro c’era il mitico tuttofare Adriano Mottola detto Barile, figura storica del Bologna. Queste, a mio avviso, sono le icone che danno al calcio quell’aura di poesia che ormai non c’è più.
Rimaniamo a Bologna: che cosa consigli a chi come te tanti anni fa si trasferisce in questa magnifica città oggi?
Bologna è una città che adoro. Mi ha accolto che ero ancora giovane e mi ha permesso di crescere. Mi ha offerto delle buone opportunità che ho avuto la fortuna di cogliere. Anche se in tutto questo hanno avuto la loro importanza le mie origini salentine che hanno forgiato il mio carattere donandomi quella forza d’animo e quel carattere che mi hanno sempre permesso di affrontare e superare situazioni niente affatto facili. Bologna è molto cambiata rispetto a quando l’ho conosciuta 25 anni fa. Allora era molto più allegra. Ora mi sembra un po’ incupita. Ma resta sempre una bella città da vivere e da godere. Ancora a misura d’uomo.
Come forse avrai notato, oltre ai libri, ci occupiamo anche di regali: qual è il regalo che vorresti ricevere e che nessuno ti ha ancora fatto? Va bene anche qualcosa di materiale.
Si tratta di un regalo che difficilmente potrò ricevere, sempre che non trovi una lampada da strofinare con dentro un genio capace di soddisfare qualche “grosso” desiderio. Da grande goloso e da amante della buona tavola, mi piacerebbe avere la possibilità di poter mangiare tutto ciò che voglio senza dover fare i conti con i chilogrammi di troppo sempre in agguato. Direi che è esattamente lo stesso problema di Saru Santacroce. In fondo, io e lui siamo molto simili, realtà a parte…
Per chi volesse approfondire la storia e le opere di Cesario Picca vi segnaliamo:
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